Egregio
Consigliere Marco Grimaldi,
apprendiamo
con grande piacere che Ella da alcuni mesi si sta occupando del
mercato del libero scambio.
Siamo
quindi certi che i Suoi giudizi abbiano un qualche fondamento che va
ben oltre. evidentemente, quelli che possiamo formulare noi che ci
viviamo da tutta la vita.
Vorremmo
segnalarLe che fare riferimento a una sorta di vocazione
all’integrazione dell’area del Balon e per estensione di Porta
Palazzo ci appare una lettura storica molto parziale.
Storicamente
infatti il Balon fu la porta di ingresso che portava i contadini
dalla campagna al mercato cittadino di Porta Palazzo.
Lì
i doganieri fermavano i convogli facendogli pagare la tassa di
ingresso e se arrivavano troppo tardi erano obbligati a fermarsi in
appositi locali acconci ove avrebbero passato la notte seduti su di
un seggiolone di legno e appoggiati su di un canapo, che veniva
liberato facendoli precipitare in terra alla mattina quando era
giunto il momento di svegliarsi.
Che
questo dimostri una sorta di vocazione dell’area all’integrazione
e quant’altro ci pare quanto meno improbabile, tanto quanto è pur
vero che l’area stessa nel tempo si è trasformata nel ricettacolo
di piccoli delinquenti, ricettatori, borseggiatori e poi
contrabbandieri che avevano eletto il posto come una sorta di terreno
franco al di là della legge.
In
questo senso, rivendicare una vocazione storica all’integrazione
non è completamente esatto infatti, se un’area fu quella che
accolse i primi immigrati dal sud
e poi dal nord-est questa
fu quella della zona aulica compresa fra corso Regina Margherita, via
Milano, via Garibaldi e poi corso Valdocco.
Lì
si insediarono gli immigrati richiamati dal lavoro
nell’industria
automobilistica: in un pezzo di quartiere già allora degradato e
abbandonato a sé stesso.
Potrà
ricordare le cose andando a recuperare il film di
Ettore Scola
“Trevico Torino” del 1973 e
la storia dimenticata delle occupazioni delle case del centro
storico.
Si
tratta proprio di quell’area che nata come quartiere di transito
venne poi trasformata per diventare oggi un pezzo di Torino alquanto
ambito.
Ora,
Lei potrà probabilmente
capire
che i territori non debbono restare sempre uguali a se stessi nei
secoli, essi sono destinati a cambiare e a funzionare in modi diversi
nella logica che struttura una città.
Per
quale motivo quindi Borgo Dora e San Pietro in VIncoli non dovrebbero ambire a costruire un
futuro migliore di quello del passato?
Lei
ritiene che questa ambizione sia illegittima?
Noi
pensiamo invece che sia legittimo aspirare a far si che il territorio
nel quale si vive non debba patire all’infinito i danni e i guasti
di una cattiva amministrazione, quella stessa amministrazione che
senza consultare nessuno ha
voluto paracadutare nel Canale Molassi e nel parcheggio di San Pietro
in Vincoli l’esperienza del mercato di libero scambio, che è ben
presto divenuta distruttiva e dirompente per il micro tessuto sociale
dei residenti e dei commercianti del luogo.
A
controprova inoltre che questa decisione sia stata perlomeno forzata,
Le basti vedere che in ogni quartiere nel quale, magari ingenuamente,
l’Assessore Giusta ha pensato di far trasferire il mercato del
Barattolo, ebbene, lì sono incominciate immediatamente le
sollevazioni popolari.
Allora
la Sua idea di lasciare le cose come stanno la sentiamo perlomeno
offensiva, se non addirittura priva di qualunque capacità d’ascolto
e di progettazione del futuro, cosa che ci fa mal sperare della Sua
capacità di ricoprire la funzione istituzionale che Lei oggi occupa.
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